Martino Ciano: non chiamatemi scrittore
«Martino, sto preparando una tisana. Ne vuoi una tazza?». Siamo al telefono, come sempre, a parlare di giornalismo, a commentare le notizie e quelle strane impennate che prendono le nostre vite. Lui è a Tortora (primo paese del Tirreno cosentino che, arrivando dal nord, dà il benvenuto in Calabria), io a Cittadella, a fissare quella striscia rosa che tinge l’orizzonte e arricchisce il cielo.
«Beh, per me una alla fragola. Anzi, fai tu che sei l’esperta», mi asseconda dall’altra parte del telefono Martino Ciano, giornalista e scrittore calabrese.
Una tisana con Martino Ciano, giornalista e scrittore
Siamo amici da tempo. Quindi, non poteva che essere lui a inaugurare questa nuova sezione “Una tisana con…”.
Sì, perché sento di arredare questo mio rifugio – il mio blog – anche con le storie di chi mette su carta trame e lascia aperte delle finestre per riflettere. Quasi a coccolarsi, appunto, con una tisana calda – gesti che scandiscono le mie giornate – e starsene per un pochino sospesi, tra immaginazione e creatività.
Martino Ciano: non chiamatemi scrittore
Martino, però, l’etichetta di scrittore non se la sente affatto sulla pelle, modesto e critico com’è con se stesso.
Tuttavia, l’ultimo romanzo Zeig (Giraldi, 2018), ha portato Martino Ciano a girare in lungo e in largo la Calabria. A incontrare appassionati di letteratura, tra abbracci e premi. A raccontare, dunque, quel che si nasconde dietro la sua penna.
«Amo scrivere e soprattutto leggere. Ricordi quella serie di 100 pagine a mille lire della Newton Compton? Mi hanno attratto più dei numeri, di quelle cifre che sentivo a scuola. Sai, avrei dovuto essere un ragioniere, invece, le parole mi hanno affascinato di più di tutto il resto», racconta Martino.
«A casa mia, però, non esistevano libri. Mio padre aveva, infatti, perso il lavoro, ma io resistevo grazie alle parole, alla voglia di sapere. Mettevo, quindi, da parte i soldi, quelli che guadagnavo lavorando d’estate per il mio fabbisogno letterario. Volevo leggere, capire, capirmi, rinascere, liberarmi di tutto ciò che mi circondava. L’importante, però, è non perdere mai il gusto della ricerca. E ho sperimentato».
Martino Ciano: tra heavy metal, D’Annunzio e Bukowski
Il suo personale connubio sin da ragazzo? L’heavy metal – aveva con sé sempre il walkman – e i libri di D’Annunzio, Huysmans, Camus, Céline, Bukowski.
«Poi ho scoperto la filosofia. La leggevo, non ci capivo nulla, volevo, però, andare in fondo, farmi una mia idea. Alla fine ci sono riuscito e mi sono laureato anche in Storia e filosofia».
Che poi è il suo sostrato: perché per Martino, infatti, le banalità restano fuori dalla porta del suo essere, della sua vita. Non che sia un uomo restio alle risate, alla leggerezza, anzi, ma è spinto dall’istinto di trovare un appiglio, come quando guardi il cielo e congiungi i puntini delle stelle.
Dal particolare all’universale: come pensa un vero scrittore
«Non mi considero uno scrittore. Sono, infatti, fiero del mio status di lettore. Ho un amore particolare per la divulgazione. Amo parlare di libri soprattutto ai ragazzi per far capire loro che non c’è cosa più bella al mondo di trovare nelle parole una risposta ai propri dubbi.
Chi scrive, in fondo, porta se stesso tra le parole, camuffa le sue esperienze dietro le righe, parte dal particolare per tramutare ogni cosa in qualcosa di universale. Tutto inizia dall’esperienza.
I grandi scrittori, quindi, hanno fatto questo, ecco perché spesso ci immedesimiamo in ciò che leggiamo e “sospendiamo i nostri giudizi”, perché la buona letteratura va al di là dei pregiudizi e decontestualizza la vita dalla banale realtà».
La mia tisana è quasi a metà – ne ho scelta una al gusto di amaretti, scorzette di arancia e cannella – e Martino, dalla sua stanza, piena di libri, continua a raccontare. Si prende delle pause. Ridiamo quando ricorda che a 8 anni, per allenare la fantasia, scriveva sui quaderni.
Superato il dubbio, la speranza: Martino Ciano e il suo Zeig
La vita, però, riserva le sorprese. E quei pensieri, dopo prove e un paio di esperimenti, trovano la loro voce matura in Zeig (Giraldi): un libro distopico che non «vuole lanciare nessun messaggio ma instillare un dubbio. Perché l’atto della scrittura e della lettura sono accomunati dalla ricerca. Che non si conclude mai», dice Martino.
Quanta Calabria c’è in Zeig di Martino Ciano
L’ho letto a piccoli sorsi. E, in quelle immagini, in quell’affannosa ricerca, si spalanca la porta della speranza. Perché non si può star immobili, cristallizzare il pensiero, diventare fossili, se non si cammina verso la conoscenza.
Quanto c’è di Calabria in Zeig? La risposta di Martino porta al 1938, quando Corrado Alvaro pubblicò “L’uomo è forte”.
«Un libro che mi ha ispirato nella stesura di Zeig; uno dei romanzi di Alvaro meno noti, distopico, che anticipa di dieci anni “1984” di Orwell. Ma Zeig è un tributo alla speranza nel lasciare una testimonianza della verità».
Poggio la tazza, vuota. E sgranocchio questi pensieri, queste riflessioni con Martino, come biscotti fragranti. Più che il burro, a saziarmi infatti sono le confidenze, il confronto, le esperienze che ognuno di noi fa per lasciar traccia del suo essere. Per arricchire l’anima più dello zucchero e del miele.
Biografia di Martino Ciano
Martino Ciano (1982) vive a Tortora (Cs). Dal 2010 è giornalista per il network radiotelevisivo Digiesse. Appassionato di storia, letteratura, filosofia e hard rock, collabora con le webzine letterarie L’Ottavo, Libroguerriero, Suddiario, Gli amanti dei libri e il blog di approfondimento culturale Zona di Disagio di Nicola Vacca. Zeig è il suo terzo romanzo, ma può essere definito anche il suo esordio letterario.